Sotto la slavata volta celeste
c’era un piccolo paese lontano,
terra di dolci colline ondulate
che cozzano con lamiere ferrigne,
dove ogni giorno Bellezza viene sgozzata
sopra ad altari d’asfalto innalzati a dio Danaro
Un fiumiciattolo c’era,
costeggiato da verdi chiome,
unico rumore l’acqua
che gorgheggia lieta,
il tempo scandito dal vento
che ticchetta i rami
“Vedi? Lì, sotto a quest’albero,
diedi il mio primo bacio,
sussurravo dolci parole d’amore in calde notti estive.
Laggiù invece, sopra a quel sasso,
bagnavo i piedi con il mio più caro amico.”
Sotto il viale ombrato portavo il cane arruffato
a trovar ristoro, ed io stesso mi confessavo
dinnanzi a quelle dure scorze.
Sotto la slavata volta celeste c’era un vecchio
bambino stremato, passo incerto da ubriaco,
sguardo ceruleo perso nel vuoto,
in una bianca distesa di ciottoli
–piccole lapidi-
e gli alberi con ossute mani in alto
protese in muto lamento.
Oggi hanno annegato il mio cuore
fumanti ruspe dentate nel cemento,
sguardo basso dei passanti che bisbigliano
“buongiorno” nell’arsura.
Unica epigrafe:
“Inizio tratto interessato
dai lavori della ciclopista”.
"E quando miro in cielo arder le stelle; dico fra me pensando: A che tante facelle?Che fa l'aria infinita e quel profondo Infinito Seren? Che vuol dir questa Solitudine immensa? Ed io che sono?" G. Leopardi, Canto notturno di un pastore errante dell'Asia